Su un grande masso al limite tra l’area interna di grotta e quella esterna del riparo campeggia una grande incisione di uro (Bos primigenius), che Paolo Graziosi ha definito la più maestosa e felice espressione di arte verista paleolitica in area mediterranea. Lo stile è simile a quello bene attestato in area francese e spagnola (stile detto franco-cantabrico), che rispetta le proporzioni naturali, attento ai dettagli anatomici e, talora, alla prospettiva. L’animale è raffigurato immobile, come nella tradizione transalpina.

Più sommaria è l’incisione di un secondo bovide raffigurato più piccolo tra le zampe del toro.

Sullo stesso masso, più in basso, sono stati incisi alcuni segni lineari e anche il semplice profilo di una piccola testa di bovide, con un corno solo, incompleto. Si tratta di una raffigurazione ancora più modesta di quella del secondo bovide (stile mediterraneo).

È molto problematico indicare la cronologia di queste incisioni del Romito. Il masso su cui si trovano affonda in livelli dell’Epigravettiano finale risalenti a circa 11 mila anni fa, quindi sono precedenti a questa data. Sulla base di confronti stilistici e considerando il quadro complessivo dell’arte paleolitica italiana potremmo ipotizzare, almeno per le due figure principali di bovidi, una datazione tra 14-12.000 anni fa.